la Rocca Silvana di Selvena
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Rocca Silvana, anche chiamata Rocca Selvena o Roccaccia Selvena si trova nel territorio comunale di Castell'Azzara, pochi chilometri a sud del centro minerario di Selvena oggi ridotta a suggestivi e ancora imponenti ruderi, fu nel medioevo il palazzo-fortezza più importante dell'area del monte Amiata, essendo una delle principali roccaforti, quasi sicuramente la più ricca, della più potente dinastia feudale del tempo: gli Aldobrandeschi. La sua ricchezza era dovuta ai vicini giacimenti di cinabro e mercurio sfruttati fin da prima dell'anno 1000 e alla sua posizione al vertice di una collina rocciosa, di quasi seicento metri d'altezza, con tre lati a strapiombo sulla valle del fiume Fiora che gli conferiva la quasi l'inespugnabilità.
Il castello è nominato fin dall'anno 833 in un documento dell'Abbazia di S.Salvatore ma le tracce più antiche riportate alla luce durante i recenti scavi, iniziati nel 1997, non sono anteriori all'undicesimo secolo. Proprio questo fu il periodo durante il quale i monaci dell'abbazia Amiatense iniziarono a rivendicare il possesso di Selvena, accusando gli Aldobrandeschi di essersene impossessati senza diritto. La famiglia comitale ebbe la meglio, ma la roccaforte continuò ad essere oggetto di desiderio anche nei secoli seguenti e dovette subire l'assedio delle truppe di Federico Barbarossa alla metà del 1200 e fu successivamente lungamente contesa fra le potenze comunali di Siena e Grosseto. Solo alla metà del XIV° secolo Siena riuscì ad ottenere il controllo sul territorio, ma solo per pochi anni. Selvena divenne infatti parte del feudo di Pitigliano controllato dalla famiglia Orsini e poi del Granducato di Toscana.
Come detto i ruderi della rocca dominano il paesaggio ed è ancora oggi facilmente riconoscibile l'andamento della doppia cinta muraria, la prima racchiudeva l'abitato e la seconda interna a protezione del palazzo feudale, con una forma semi trapezoidale. Al vertice orientale della seconda cerchia, in corrispondenza della porta principale, si erge una splendida torre di forma pentagonale che aveva la funzione di cassero. Detta torre sembra sia stata aggiunta alla fortificazione per aumentarne le difese subito dopo l'assedio del Barbarossa. Ancora oggi è riscontrabile la qualità della costruzione, tutta eseguita con pietre a filaretto, testimonianza della ricchezza dei proprietari del castello. Questo lato della fortificazione è anche l'unico non difeso naturalmente dal dirupo e le mura formano qui il vertice del loro andamento trapezoidale, creando quasi un rivellino a maggior difesa dell'ingresso. L'aspetto ricorda quello della prua di una nave.
Subito a lato della torre, quasi al centro del secondo recinto, sorgono i resti del palazzo del signore, uno dei più alti esempi di dimora signorile duecentesca che possiamo trovare in Toscana fuori dalle grandi città comunali. Tutto attorno si trovano vari resti di altri edifici tra i quali si può individuare la cisterna e la cappella. Il complesso rimase in uso fino a tutto il XVII° secolo e poi iniziò la sua lenta rovina, in quanto dopo l'esaurimento delle miniere circostanti quella che fu la sua forza, la sua posizione di nido d'aquila difficilmente attaccabile e di conseguenza anche mal raggiungibile, divenne la sua condanna. Fino a prima del 1997 era rischioso avventurarsi fra questi resti avvolti dalla vegetazione per pericoli di crolli, la recente opera di restauro ha fermato il degrado, anche se non è possibile poter godere liberamente dei suoi risultati [i lavori alla torre del mastio e le mura che la circondano sono completati, come quelli al palazzo signorile e molte altre aree dell'area residenziale, liberate dalla vegetazione al punto che sono tornate alla luce le pavimentazioni originarie in cotto].
Il castello è nominato fin dall'anno 833 in un documento dell'Abbazia di S.Salvatore ma le tracce più antiche riportate alla luce durante i recenti scavi, iniziati nel 1997, non sono anteriori all'undicesimo secolo. Proprio questo fu il periodo durante il quale i monaci dell'abbazia Amiatense iniziarono a rivendicare il possesso di Selvena, accusando gli Aldobrandeschi di essersene impossessati senza diritto. La famiglia comitale ebbe la meglio, ma la roccaforte continuò ad essere oggetto di desiderio anche nei secoli seguenti e dovette subire l'assedio delle truppe di Federico Barbarossa alla metà del 1200 e fu successivamente lungamente contesa fra le potenze comunali di Siena e Grosseto. Solo alla metà del XIV° secolo Siena riuscì ad ottenere il controllo sul territorio, ma solo per pochi anni. Selvena divenne infatti parte del feudo di Pitigliano controllato dalla famiglia Orsini e poi del Granducato di Toscana.
Come detto i ruderi della rocca dominano il paesaggio ed è ancora oggi facilmente riconoscibile l'andamento della doppia cinta muraria, la prima racchiudeva l'abitato e la seconda interna a protezione del palazzo feudale, con una forma semi trapezoidale. Al vertice orientale della seconda cerchia, in corrispondenza della porta principale, si erge una splendida torre di forma pentagonale che aveva la funzione di cassero. Detta torre sembra sia stata aggiunta alla fortificazione per aumentarne le difese subito dopo l'assedio del Barbarossa. Ancora oggi è riscontrabile la qualità della costruzione, tutta eseguita con pietre a filaretto, testimonianza della ricchezza dei proprietari del castello. Questo lato della fortificazione è anche l'unico non difeso naturalmente dal dirupo e le mura formano qui il vertice del loro andamento trapezoidale, creando quasi un rivellino a maggior difesa dell'ingresso. L'aspetto ricorda quello della prua di una nave.
Subito a lato della torre, quasi al centro del secondo recinto, sorgono i resti del palazzo del signore, uno dei più alti esempi di dimora signorile duecentesca che possiamo trovare in Toscana fuori dalle grandi città comunali. Tutto attorno si trovano vari resti di altri edifici tra i quali si può individuare la cisterna e la cappella. Il complesso rimase in uso fino a tutto il XVII° secolo e poi iniziò la sua lenta rovina, in quanto dopo l'esaurimento delle miniere circostanti quella che fu la sua forza, la sua posizione di nido d'aquila difficilmente attaccabile e di conseguenza anche mal raggiungibile, divenne la sua condanna. Fino a prima del 1997 era rischioso avventurarsi fra questi resti avvolti dalla vegetazione per pericoli di crolli, la recente opera di restauro ha fermato il degrado, anche se non è possibile poter godere liberamente dei suoi risultati [i lavori alla torre del mastio e le mura che la circondano sono completati, come quelli al palazzo signorile e molte altre aree dell'area residenziale, liberate dalla vegetazione al punto che sono tornate alla luce le pavimentazioni originarie in cotto].